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Pensiero Libero

Tyler Robinson e l’ombra dei Groyper

14 Settembre 2025Nessun commento7 Mins Read
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Tyler Robinson e l’ombra dei Groyper

All’inizio, la storia sembrava chiara. Subito dopo l’omicidio di Charlie Kirk, uno dei volti più noti del conservatorismo americano, Donald Trump e i suoi alleati puntano il dito contro la sinistra radicale. “È opera degli Antifa, dei woke, persino di quei gruppi che spingono l’agenda trans”, si legge tra post e dichiarazioni concitate. Una narrazione rassicurante, almeno per chi voleva credere che la minaccia arrivasse dall’esterno.

Eppure, basta scavare un po’ più a fondo perché le certezze inizino a sgretolarsi. L’assassino, Tyler Robinson, non è affatto il “prodotto della cultura woke” come descritto nei primi resoconti. È un ragazzo bianco di 22 anni, cresciuto nello Utah in una famiglia repubblicana convinta, con un’infanzia scandita dalle armi da fuoco e un immaginario impregnato di simboli e meme dell’estrema destra online. Un giovane che non arriva “dall’altra parte”, ma direttamente dall’interno della stessa galassia che aveva sostenuto Kirk e Trump.

I Groyper e la frattura nel trumpismo

Gli investigatori scoprono presto che Robinson era vicino ai Groyper, il movimento guidato da Nicholas J. Fuentes, volto carismatico e radicale della destra suprematista bianca. I Groyper sono i dissidenti del trumpismo, giudicano leader come Kirk “troppo moderati”, accusandoli di piegarsi alle élite e di annacquare il messaggio, in più sostenitore del governo Israeliano, mentre loro sono dichiaratamente antisemiti. E così la narrazione si ribalta, quello che appariva come un attacco dall’esterno si rivela, piuttosto, una frattura interna.

Un dettaglio apparentemente banale lo conferma: una vecchia foto di Robinson lo ritrae durante una festa di Halloween con un costume che richiama la rana Groypers, simbolo iconico dell’alt-right. Un indizio che, col senno di poi, rivela molto più di quanto sembri.

Ma non sono solo le simpatie politiche a emergere. I bossoli lasciati sulla scena del crimine parlano da soli. Incisi con frasi e riferimenti che mescolano cultura pop, videogiochi e ideologia estremista, dipingono il ritratto di un ragazzo immerso in una bolla digitale tossica.

“Hey fascist! Catch!” accanto a simboli di frecce, un riferimento al videogioco Helldivers 2, dove i giocatori combattono contro alieni con tratti fascistoidi. Ancora, la “bomba Eagle da 500 kg”, diventata un meme iconico tra i gamer, o citazioni da Far Cry 6, altro sparatutto ambientato in una dittatura. Non manca nemmeno “Notices bulges OwO what’s this?”, un vecchio meme furry reinterpretato con toni sessisti e omofobi, in linea con la retorica Groypers.

E poi c’è un elemento quasi surreale: “Bella Ciao”, l’inno della resistenza partigiana, un simbolo antifascista per eccellenza, qui distorto e riutilizzato ironicamente in una loro playlist dal titolo “Groyper War”, una guerra non contro la sinistra, ma contro i “moderati” della destra stessa.

Una guerra interna

In questo mosaico di riferimenti e contraddizioni, l’omicidio di Charlie Kirk assume un significato inquietante. Non è il gesto di un nemico esterno, ma piuttosto la “purga” di un traditore agli occhi dei più radicali. Kirk, accusato da Fuentes di non essere “abbastanza di destra”, diventa il bersaglio ideale di una frustrazione covata a lungo dentro i ranghi del trumpismo più oltranzista.

Per Trump e i repubblicani, l’imbarazzo è evidente. La narrazione dell’attentato compiuto da “radicali di sinistra” si infrange contro i dati concreti, Robinson è il frutto di una retorica interna, cresciuto nella cultura delle armi, dei meme estremisti e dell’ossessione identitaria.

E così, dietro la cronaca di un omicidio, si intravede qualcosa di più grande la dimostrazione di come una radicalizzazione domestica, nutrita online e dentro famiglie già polarizzate, possa generare mostri pronti a colpire non il nemico tradizionale, ma chiunque sia percepito come “non abbastanza puro”.

Vale la pena ricordare che non si tratta di un episodio isolato. Negli Stati Uniti, la violenza politica ha già mostrato il suo volto in più occasioni. Pensiamo all’aggressione contro il marito di Nancy Pelosi, storica leader democratica ed ex Speaker della Camera, colpito in casa propria da David DePape, un uomo immerso nelle teorie complottiste dell’estrema destra, comprese quelle di QAnon. O ancora, al caso drammatico dello scorso giugno, la Presidente della Camera del Minnesota, Melissa Hortman, e suo marito assassinati nella loro abitazione. Nello stesso contesto, il senatore statale John Hoffman e sua moglie furono feriti gravemente da colpi d’arma da fuoco sparati da Vance Boelter, animato dall’odio feroce verso i democratici.

La distorsione della realtà come arma politica

C’è un meccanismo antico, che conosciamo bene, quando la realtà non è funzionale alla narrazione che si vuole imporre, la si piega, la si distorce, fino a renderla irriconoscibile. È ciò che, invece, sta accadendo con l’omicidio di Charlie Kirk.

Negli Stati Uniti, Donald Trump e l’ultradestra hanno reagito immediatamente dando la colpa alla “sinistra radicale”. Non un sospetto, non un dubbio: una verità proclamata a gran voce, pur sapendo che non era sostenuta dai fatti. È un copione collaudato: individuare un nemico, additarlo, e alimentare quel clima di odio politico e sociale che tiene compatto un elettorato arrabbiato e spaventato. Intanto, gli “squilibrati armati”, che negli Stati Uniti sono troppi, diventano il braccio armato inconsapevole di questa strategia.

E in Italia che si fa?

Si continua a strillare a sparare fesserie a strumentalizzare per i consensi, a inasprire i toni, in un periodo storico già particolarmente delicato. La Meloni ha chiesto di intensificare i protocolli di difesa per i politici di destra, come se l’attentato fosse stato fatto qui da noi e da gruppo della sinistra. Si sta creando una narrazione falsa e avvelenata che porterà solamente ad ingigantire e inasprire il clima d’odio. Come ho detto mille volte, questi accadimenti sono manna dal cielo per questa ultradestra senza scrupoli.

Episodi come questo rappresentano una manna per l’ultradestra senza scrupoli. Pubblicamente si mostrano addolorati, piangono la vittima, ma dietro le quinte festeggiano, perché è un’occasione per rafforzare la propria propaganda. La macchina della comunicazione si mette in moto immediatamente: slogan, accuse, nemici inventati. Non importa che la verità sia un’altra, ciò che conta è soffiare sulla paura e sull’odio di chi è più fragile, di chi è più facilmente suggestionabile. Il meccanismo è collaudato, si indica un nemico chiaro, anche se inesistente, lo si demonizza, lo si trasforma in una minaccia assoluta. E così, odio e paura diventano strumenti elettorali. Alla fine, chi agita questi fantasmi viene ripagato con ciò che cerca davvero, i voti.

La responsabilità della politica

Dal mio Presidente della Repubblica, dal mio Presidente del Consiglio e dai deputati tutti io mi aspetto che contino fino a dieci prima di parlare, mi aspetto che buttino acqua sul fuoco, no benzina, mi aspetto che tengano unita l’Italia, non che la dividano, non che ne scavino crepe, perché quando gli estremismi giovanili, da qualunque parte vengano, cominciano a scontrarsi, a perdere sono sempre i nostri figli, e siamo noi, cittadini, a perdere la serenità quotidiana.

Mi aspetto infine che si vada nelle scuole, non a fare comizi, non a vendere promesse, ma a parlare di pace, di uguaglianza, di giustizia, di tolleranza, a raccontare che la politica non è guerra di bandiere ma responsabilità verso chi verrà dopo di noi. Non voglio che si vada per fare la propaganda come Salvini “minaccia” di fare. Voglio, più prosaicamente, che si insegni a prendersi cura l’uno dell’altro.

Chi ha scritto quel -1 non ha capito il peso del proprio gesto, credeva forse di cancellare un’idea, e invece ha finito per nutrirla, perché quel segno sprezzante, si trasforma in un +100, convincendo chi era incerto a schierarsi.
Io avrei voluto vedere Charlie Kirk vivere, in salute e a lungo, mentre le sue parole, col tempo, si spegnevano, come un fuoco che, lasciato senza legna, smette di ardere. Perché le persone passano, ma le idee, buone o cattive, si consumano solo se non trovano più ascolto.


Le informazioni che ho riportato provengono da un articolo di Rai News e sono state confermate anche da altre testate italiane e internazionali, più autorevoli e note. Di seguito fornisco il link di riferimento, per chi volesse verificare direttamente le fonti.

www.rainews.it

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