La biblioteca dei libri dimenticati è un romanzo di Nicola Pesce, pubblicato 12 novembre 2024, da Mondadori. Un viaggio sospeso tra sogni infranti e nuovi inizi, dove la magia si intreccia con la malinconia, capace di ricordarci il potere salvifico della letteratura, che non solo consola, ma ci offre un modo per rileggere il dolore e trasformarlo in rinascita.
Trama del libro La biblioteca dei libri dimenticati
Leda è una giovane donna che porta addosso il peso dei traumi familiari e delle insicurezze di un’infanzia vissuta in un remoto paese di provincia. Fuggire sembra l’unica possibilità per ricominciare, e così sceglie di inseguire un sogno che la accompagna da sempre, quello di aprire una piccola libreria a Venezia, città fragile eppure incantata, sospesa tra acqua e pietra.
Intanto, un gattino nero di nome Erinni viene abbandonato all’improvviso, costretto a muovere i suoi primi passi da randagio tra calli e campielli. Soli, smarriti, eppure destinati a incontrarsi, perché certi incontri non sono frutto del caso, ma sembrano scritti da un disegno invisibile.
La libreria di Leda, però, non è un luogo come gli altri, dietro un muro abbattuto, si nasconde una biblioteca segreta, antichissima, che custodisce volumi impossibili: i libri dimenticati, quelli mai nati, gli pseudobiblion che gli autori avevano solo immaginato. Qui si trovano il seguito delle Anime morte di Gogol, il secondo libro della Poetica di Aristotele, le odi perdute di Baudelaire. Cosa accadrebbe se potessimo davvero leggerli? E se quei sogni letterari interrotti tornassero a parlare attraverso le pagine?
Ma la scoperta non finisce qui, ogni notte quella stanza si trasforma in un portale, Leda si ritrova a camminare con Dostoevskij tra le strade innevate della San Pietroburgo ottocentesca, o a dialogare con Leopardi tra le vie di Recanati, scoprendo che anche i grandi autori, attraverso i loro silenzi e le loro opere incompiute, possono insegnare qualcosa di essenziale.
Così, tra incontri straordinari e conversazioni intime, Leda comincia un viaggio che non riguarda soltanto la letteratura, ma il senso stesso dell’esistenza, quanto possiamo imparare dalle parole non dette, dai libri mai scritti, dalle vite che avrebbero potuto essere?
Recensione
Incipit del libro La biblioteca dei libri dimenticati
PARTE PRIMA
Brutta brutta brutta.
E grassa.
Leda si aggrappava al lavandino con entrambe le mani e si guardava allo specchio con odio. Glielo avevano sempre detto da piccola e ora non glielo dicevano più, ma non era cambiato niente.
Ogni tanto le parole invecchiavano male. Invecchiando si caricavano di odio e bisognava cambiarle. Chi due secoli prima era stato uno storpio, un giorno era diventato un handicappato, il giorno dopo un portatore di handicap e quello successivo un diversamente abile. Ma non per questo si era alzato dalla sedia a rotelle, né ci era rimasto più volentieri. Cambiavano le parole ma non cambiava il comportamento della gente che si credeva normale.
Adesso lei non avrebbe saputo dire se non la insultavano più perché il mondo era cambiato o perché erano cresciuti, abbandonando la crudele innocenza dei bambini.
Tuttavia nessuno la baciava, nessuno la apprezzava o le faceva una carezza, nessuno voleva spendere del tempo con lei davanti a un bicchiere di vino a parlare di sogni e letteratura.
Eppure Leda sentiva che aveva qualcosa da dare al mondo, qualcosa per cui valeva la pena di stare in una stanza con lei. Ma l’avevano dimenticata, come un libro che nessuno voleva leggere.
Intanto, secondo dopo secondo, il passato avanzava a tutta velocità, un insaziabile mostro che le divorava il futuro. Un battito di ciglia ed erano già ventinove anni che calcava la scena del mondo.
Bisognava ammettere però che i complimenti invece piovevano. Doveva essere bellissimo quell’orribile vestito a fiori, a giudicare da quanti gliene avevano fatti.
Fuori dal bagno sentiva il vociare dei suoi amici che si divertivano. Come ad ogni Pasquetta avevano preso in affitto per un giorno una bella villa in periferia e adesso erano costretti a divertirsi.
Se si fermava a riflettere su ciascuno di loro provava contemporaneamente una atroce invidia e una profonda pena. Possibile che non vedessero loro stessi?
C’erano almeno un paio di coppie scoppiate, in cui l’amore era finito a tal punto che ora erano costrette a sposarsi.
Presto qualcuno si sarebbe domandato quanto lei ci avrebbe messo in bagno, così ne uscì, come una furia, sbattendo la porta.
La villa aveva un bel giardino grande e una piscina, ma due delle ragazze ora erano in cucina. Le invidiava una per una. Cercava di guardarle con la coda dell’occhio, centimetro per centimetro.
Marika indossava solo dei pantaloncini di jeans e il pezzo di sopra di un costume. Stava appoggiata con una mano a un mobile, con l’altra teneva una birra per il collo.
Carla era indaffarata con delle buste di patatine da versare in una ciotola, con una sigaretta che le usciva da un angolo della bocca.
Come era possibile che qualcuno potesse stare appoggiato a un mobile, tenendo una birra per il collo, con tanta nonchalance?
La sua amica sembrava fatta di gomma, mentre lei si sentiva fatta di porcellana e camminava sempre a passi piccoli.
Leda non aveva mai tenuto una birra per il collo, e raramente aveva bevuto da una bottiglia. Non avrebbe mai potuto indossare soltanto il pezzo di sopra del bikini. La sua pelle era bianca come una mandorla sgusciata. La pelle di Marika era abbronzata o dorata come la crosta di un pane morbido e croccante, e ogni tanto dalle coppe del bikini usciva un centimetro di pelle meno abbronzata, che era forse la mollica.
Non si rendeva conto quella ragazza di avere tutto ciò che lei non avrebbe avuto mai?
Carla aveva finito con le patatine e le aveva consegnato la ciotola come a una serva. Così Leda uscì fuori a sbatterla sul tavolo mentre qualcuno aveva appena fatto un tuffo.
«Che ha oggi Leda?» aveva domandato Marika, mentre Carla la precedeva con qualche birra.
Leda per non sentirsi da meno ne accettò una e cercò di fare come tutti gli altri. Al primo sorso si accorse che era calda.
Davvero a loro piaceva quella birra? Davvero si stavano divertendo? Li guardava con finta disattenzione, cercando di capire. E più osservava meno le riusciva di dire la frase giusta al momento giusto.
Dei ragazzi uscirono dall’acqua inondando il cotto delle mattonelle. Andrea prese subito tra le braccia Marika e la baciò, poi afferrò una birra e tornò in acqua.
Alla fine Leda fece finta di aver ricevuto qualcosa di importante sul cellulare. Aveva già adocchiato una sedia lontana, di una plastica bianca accecante in mezzo a tutto quel verde. Era un angolo un po’ triste del giardino, con due sedie vuote e un tavolino che reggeva un posacenere stracolmo. Era il posto adatto a lei.
Nei pressi della piscina, l’odore del fumo si mescolava con quello più acre del cloro. Invece quando arrivò alla sedia sentì subito un profumo di erba tagliata.
Non ci volle molto affinché gli altri si dimenticassero di lei, così abbassò lo schienale per quel poco che si poteva e si perse nei suoi pensieri ad occhi aperti.
Un venticello piacevole le scompigliava i capelli e l’orlo del vestito, così lei tornò a fare quel che sapeva fare meglio: l’osservatrice.