Omicidio a Manhattan è un thriller di James Patterson, con la collaborazione dello scrittore James O. Born, pubblicato in Italia il 21 novembre 2023, da Longanesi, tradotto da Diana Volontè.
Undicesimo capitolo della serie con protagonista il detective Michael Bennet, che questa volta avrà a che fare con un assassino meticoloso e camaleontico, un perfetto maestro dei travestimenti, che ha teso una trappola tra le strade di Manhattan. Per Michael Bennett stavolta è una questione personale.
“Il suo metodo di sopravvivenza avrebbe terrorizzato la maggior parte delle persone. Richiedeva costante allenamento fisico e lucidità mentale, senza nessun cedimento. E in quel preciso momento sopravvivenza significava filarsela da New York il più presto possibile.”
Trama di “Omicidio a Manhattan”
In seguito a una segnalazione anonima, il detective Michael Bennett e il suo partner Antrole Martens piombano in un condominio fatiscente. Lo scopo è arrestare un sospetto coinvolto in alcuni omicidi legati allo spaccio di eroina.
Giunti sul posto, i due poliziotti capiscono che è tutta una messinscena. Un’imboscata in piena regola. Martens viene brutalmente ucciso sotto gli occhi impotenti del collega. Ma l’obiettivo non era lui. L’obiettivo, in realtà, era proprio Michael Bennett.
Bennett si rende presto conto che la minaccia non tocca solo lui. Uno dei suoi figli viene aggredito, e in città si moltiplicano gli omicidi accomunati da una firma ben precisa. La firma di un killer professionista che sta seminando il terrore. Un assassino meticoloso e camaleontico. Un perfetto maestro dei travestimenti.
Michael Bennett non riesce a capire quale sia la ragione di questa catena di eventi sanguinosi, cosa spinge l’assassino, ma sa che è una questione personale. E ha bisogno di determinare esattamente come rientra nella logica dell’assassino, prima che ci sia un Bennett in meno al mondo.
Incipit di “Omicidio a Manhattan”
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Guardavo il condominio di otto piani su 161st Street, più o meno a mezzo isolato da Melrose Avenue. Non aveva niente di speciale. La facciata era punteggiata di vecchi condizionatori d’aria, ma il luogo conservava un certo fascino. Naturalmente, dopo anni a pattugliare i quartieri più sgradevoli di New York, sapevo già cosa aspettarmi all’interno.
Io e il mio partner, Antrole Martens, eravamo seduti nella sua Crown Victoria. Per tradizione l’auto più malandata della nostra unità andava alla recluta della squadra. Martens aveva accettato di buon grado l’assegnazione di quella macchina di merda durante i primi sei anni nel dipartimento di polizia di New York, nonostante il vago odore di vomito che vi aleggiava. Aveva capito di doversi guadagnare il posto all’interno dell’unità, anche se non c’erano dubbi che la sua stella fosse in ascesa. Io lo ritenevo esattamente il tipo di poliziotto di cui avevamo bisogno in un ruolo di comando.
Speravo che l’operazione di arresto filasse liscia. Ricordavo ancora il mio primo arresto alla Omicidi, un pappone di nome Hermine Paschual. Aveva accoltellato un cliente che aveva avuto da ridire sul prezzo. All’epoca pensavo che lavorando in polizia avrei salvato il mondo. Ora era compito mio assicurarmi che le cose andassero per il verso giusto. «Quanto sei sicuro di questa soffiata?»
Sorrise. «Abbastanza sicuro da trascinarmi dietro anche te.»
«Aspetta che i tuoi figli crescano un po’ e che la vita diventi ancora più complicata, poi vedremo quanto prenderai seriamente le soffiate anonime.»
Antrole rise. «Ecco perché mi fermo a due bambini. Pensare a te che ne gestisci dieci mi fa girare la testa.»
«Pensa cosa provoca a me.» Proprio allora squillò il telefono. Vidi che era la mia figlia maggiore, Juliana. «Ciao, bellezza», risposi come facevo sempre.
«Ehi, papà!»
Nessun disprezzo adolescenziale quel giorno. Era emozionata per qualcosa.
«Che succede, tesoro?»
«Buone notizie. Ma devo dirtele di persona.»
«Stasera a cena?» Sorrisi nel sentirla ridere. Era raro, quindi doveva trattarsi di qualcosa di davvero bello. Mi balenò nel cervello Harvard. Anche se avrei preferito la Columbia, a pochi isolati dal nostro appartamento nell’Upper West Side.
«Non vedo l’ora. Lo dirò a tutta la famiglia in una volta sola. Ora devo andare. Ciao, papà, ti voglio bene.»
Prima che riuscissi a rispondere, aveva già chiuso la telefonata.
«Possiamo fare un po’ i poliziotti, ora? Dopotutto questa soffiata era destinata a te. È stato solo un caso che abbia risposto io al telefono sulla tua scrivania», disse Antrole.
«Chiediamo a Alice e Chuck di unirsi a noi. Magari anche a Harry.»
«Vuoi fare una festa? Possiamo sballarci anche da soli. Se siamo solo noi ci prendiamo tutta la gloria, e poi sarà più facile parlare con quel tizio.»
«È sospettato di omicidio.»
«E noi siamo due detective del dipartimento di polizia di New York. Un tempo si andava da soli.»
«Sì. E infatti ci sparavano più spesso.»
«Devo obbligarti a seguirmi? Oltretutto, se passiamo qualche minuto da soli con questo tizio, magari si mette a cantare.»
La sua emozione era contagiosa. «Odio dar ragione ai novellini. Andiamo.»