Il Natale di Poirot, scritto da Agatha Christie nel 1939, è un giallo che intreccia la magia delle festività con l’ombra inquietante di un crimine irrisolto. In questa nuova avventura, l’astuto detective belga, Hercule Poirot, è chiamato a svelare un enigma avvolto nella neve e nei sospetti, dove ogni membro della famiglia è potenzialmente colpevole. La trama si sviluppa tra il 22 e il 28 dicembre, in sette giorni, come se fosse un diario delle vacanze natalizie, ognuno dei quali svela una sfumatura in più di un mistero sempre più intricato.
«Accidenti!» esclamò. «Un delitto. Proprio alla vigilia di Natale.» «Un delitto? Ne è sicuro?»
«Sicurissimo. Non c’è altra spiegazione possibile. Caso chiarissimo. Un brutale assassinio.»
Le riunioni familiari natalizie, dove gli animi si rasserenano e le divergenze vengono messe da parte per qualche giorno, sono il palcoscenico perfetto per la Christie. Un’ambientazione che apparentemente evoca pace e calore, ma che in realtà cela una lunga serie di risentimenti e conflitti irrisolti, pronti a riaffiorare. È proprio in questo scenario, dove l’apparenza e la realtà si confondono come luci di Natale che abbagliano senza illuminare, che Poirot si troverà a indagare. Perché a volte, proprio quando la famiglia sembra più unita, il veleno dell’invidia e del rancore è più forte che mai. Come fa notare un acuto osservatore del carattere umano come Poirot:
“A Natale impera lo spirito di “buona volontà”. Vecchi litigi vengono dimenticati, coloro che si trovano in disaccordo fanno la pace… Sia pure provvisoriamente, le famiglie che sono state separate per tutto l’anno si raccolgono ancora una volta… In queste condizioni, amico mio, deve ammettere che i nervi possono venir sottoposti a dura prova. Persone che non hanno alcuna voglia di essere amabili fanno uno sforzo per apparirlo… C’è in essi molta ipocrisia, a Natale, onorevole ipocrisia, senza dubbio, ipocrisia “pour le bon motif”, ma sempre ipocrisia.”
Trama del libro “Il Natale di Poirot”
Gorston Hall, Longdale, campagna inglese. Natale degli anni Trenta. La neve ricopre tutto, ma non riesce a nascondere le tensioni che si celano tra le mura della grande dimora. Le famiglie si riuniscono, sì, ma non sempre per amore. Piuttosto, per nascondere sotto una coltre di sorrisi e brindisi rancori che hanno radici profonde, conflitti che bruciano silenziosi sotto il ghiaccio.
Il vecchio Simeon Lee, patriarca imponente e tirannico, ha convocato i suoi figli e nipoti a quella che promette di essere una riunione “festosa”, ma è chiaro a tutti che il suo scopo è ben altro. Si tratta di un annuncio, quello che il vecchio intende fare, che scuote come un terremoto la già precaria stabilità della famiglia: Simeon ha deciso di cambiare il suo testamento. Un semplice gesto che scatena invidia, risentimenti, desideri di vendetta. Ogni membro della famiglia ha un motivo per volere la sua morte.
E poi arriva la vigilia di Natale. Una notte che dovrebbe essere di pace, ma che si trasforma in qualcosa di più inquietante. Simeon, il tiranno, si ritira nella sua stanza, chiedendo di non essere disturbato. Un po’ dopo, il silenzio della casa viene rotto da un rumore sinistro, come di mobili che si rovesciano, seguito da un urlo straziante che gela il sangue. Gli ospiti, terrorizzati, corrono al piano superiore. La porta della camera del vecchio è chiusa dall’interno. Stephen, con un colpo secco, la sfonda. E lì, nella penombra, giace il corpo di Simeon, sgozzato, in una pozza di sangue.
Il vecchio, che per anni aveva imperato come il carnefice in quella casa, è ora vittima. Ma la domanda che si pongono tutti è: chi è l’assassino? Ogni membro della famiglia ha un alibi e, allo stesso tempo, una ragione per uccidere. La sua morte è una liberazione per molti, una vendetta per altri. Tutti sono sospettabili, nessuno è innocente. La tensione è palpabile, il dramma si consuma in un angolo buio, dove ogni segreto è una lama affilata.
E qui entra in gioco lui, l’inconfondibile Hercule Poirot. Mai un attimo di tregua, il suo acume affiora come un faro nella nebbia. Esasperante con le sue manie e il suo perfezionismo, ma altrettanto affascinante con la sua straordinaria razionalità. Poirot decide di concentrarsi su una cosa fondamentale: la psicologia della vittima. Chi era veramente Simeon Lee? Cosa ha fatto di lui l’uomo che ha suscitato tanto odio? E cosa può rivelare questo sul suo assassino?
Prima di mettersi al lavoro, Poirot è ospite dal Colonnello Johnson, uomo che si aspetta un periodo di relax, di pace e buona volontà. È Natale, dopotutto. Ma Poirot, con il suo sorriso enigmatico, lo contraddice: “Il Natale, caro mio, non è solo un periodo di festa. È anche il momento in cui si compiono i crimini più gravi, perché durante queste riunioni familiari le vecchie ferite si riaprono, i rancori riaffiorano. La gente che non si vede per tutto l’anno si ritrova e, se va bene, è solo grazie all’ipocrisia che la situazione resta sotto controllo.”
E così, il Natale diventa il palcoscenico perfetto per un delitto, e Poirot, come sempre, è pronto a fare luce dove le ombre si addensano.
“… e che sostengo come lo sforzo per esser buoni e amabili crei un malessere che può riuscire in definitiva pericoloso. Chiudete le valvole di sicurezza del vostro contegno naturale, e presto o tardi la caldaia scoppierà provocando un disastro.”
Recensione
Un giallo che non ha bisogno di troppe parole per essere descritto. Agatha Christie, ancora una volta, dimostra di essere una maestra nell’arte del suspense. La sua scrittura è quella di sempre, scorrevole, coinvolgente, capace di disegnare personaggi che, anche se sembrano apparire in modo fugace, restano impressi. E non voglio svelare troppo, per non rovinare la magia delle piccole sorprese che si nascondono tra le pagine.
Il Natale, in questo libro, non è solo uno sfondo, ma un elemento vivo, quasi tangibile. La Christie riesce a catturarlo con la sua solita maestria, regalando scene di abbondanza, di cibo, di regali che brillano e di quella neve che sembra cadere come un velo silenzioso, avvolgendo ogni cosa. Un’atmosfera che fa da cornice a un mistero che si svela lentamente, trasformando ogni pagina in un invito alla scoperta.
Se cercate una lettura che non deluda, con quel tocco di magia questa è la scelta giusta. Buon Natale, e che il mistero sia con voi.
Incipt del libro “Il Natale di Poirot”
Parte prima
22 Dicembre
1.
Stephen rialzò il bavero della giacca, mentre percorreva rapido la banchina. Una fitta nebbia avvolgeva la stazione e tutto aveva un aspetto grigio, sporco. Le grosse locomotive fischiavano superbe, scagliando nubi di vapore nell’aria fredda e umida.
Stephen pensò, con disgusto: «Che orribile paese… che orribile città!».
Le sue prime entusiastiche impressioni di Londra – negozi, caffè, belle donne eleganti – erano svanite. Considerava ora la città come una pietra preziosa in un’orribile e sudicia montatura.
Se fosse stato ancora nel Sud Africa… Un acuto morso di nostalgia lo sorprese… Sole, cieli azzurri, giardini colmi di fiori… azzurri convolvoli pronti ad arrampicarsi su ogni piccola capanna…
E qui… Sudiciume, tetraggine, e gente, gente, gente senza fine, formiche indaffarate nel loro formicaio.
Per un momento pensò: «Vorrei non essere venuto…». Poi ricordò i suoi propositi e atteggiò la bocca a un’espressione ostinata. No, per l’inferno, doveva persistere… Erano anni che ci pensava, aveva sempre inteso di fare… ciò che stava per fare. Sì, non doveva tornare sui propri passi senza…
Quella momentanea riluttanza, quell’improvviso chiedersi: «Perché? Ne vale la pena? A che scopo indagare sul passato? Perché non dimenticare tutto quanto?», erano solo manifestazioni di debolezza. Non era ragazzo, per lasciarsi influenzare dal capriccio di un momento. Era un uomo di trent’anni. deciso, sicuro di sé. Avrebbe fatto quel che era venuto a fare in Inghilterra. Salì in treno e percorse il corridoio. Portava da sé la sua valigia di cuoio, dopo aver allontanato un facchino con un gesto. Guardò in tutte le vetture, una dopo l’altra. Il treno era affollatissimo. Mancavano solo tre giorni a Natale. Stephen Farr lanciava occhiatacce alle vetture stipate. Gente, gente, gente… E tutti così… così… tetri, ecco, e così tutti eguali.
Quelli che non somigliano a pecore, somigliano a conigli, pensò. Alcuni chiacchieravano e si agitavano; altri, uomini di mezz’età, grugnivano… Somiglianti a porci, questi ultimi… Persino le ragazze, snelle, facce a uovo, labbra scarlatte, erano di una sgradevole uniformità. Oh, una bella fattoria solitaria, bagnata dal sole…
Ma d’un tratto, guardando dentro una vettura, trattenne il fiato. Quella ragazza era diversa dalle altre: capelli neri, carnagione di un caldo pallore, occhi profondi e oscuri come la notte… gli occhi fieri e un po’ tristi delle meridionali… Non sembrava giusto che sedesse in quella vettura, tra quella gente monotona. Sopra un balcone, con una rosa in bocca, e una mantiglia di pizzo nero sulla bella testa altera, in un ambiente di calore e di ardimento, ecco dove avrebbe dovuto trovarsi: e non schiacciata nell’angolo di una vettura di terza classe delle ferrovie inglesi…
Stephen Farr era osservatore, e non gli sfuggì la modestia dell’abituccio nero, dei guanti a buon mercato, delle scarpette sciupate, della borsetta d’un rosso aggressivo. Eppure la qualità essenziale della ragazza gli parve fosse lo splendore… Sì, era splendida, bella ed esotica.
Che diamine poteva fare nel paese delle nebbie, dei raffreddori e delle formiche industriose?
Dal romanzo, nel 1994, è stato tratto l’omonimo film per la TV, diretto da Edward Bennett, con Philip Jackson, il miglior Poirot di sempre a mio giudizio e David Suchet, Vernon Dobtcheff, Simon Roberts, Catherine Rabett.
Se vuoi ACQUISTA il libro