L’ipotesi del male è un romanzo di Donato Carrisi, pubblicato nel 2013, il secondo thriller dell’autore con protagonista Mila Vasquez e rappresenta sia un prequel che un sequel de Il suggeritore, per questo lo stesso autore li definisce libri gemelli.
“Anche se ti sembrava un tipo a posto, c’è sempre un tributo da versare al proprio lato oscuro. Tutti indossiamo una maschera per nascondere la parte peggiore di noi.”
C’è una sensazione che tutti, prima o poi, abbiamo provato nella vita: il desiderio di sparire. Di fuggire da tutto. Di lasciarci ogni cosa alle spalle.
Ma per alcuni non è solo un pensiero passeggero. Diviene un’ossessione che li divora e li inghiotte.
Queste persone spariscono nel buio. Nessuno sa perché. Nessuno sa che fine fanno. E quasi tutti presto se ne dimenticano.
Mila Vasquez invece è circondata dai loro sguardi. Ogni volta che mette piede nell’ufficio persone scomparse – il Limbo – centinaia di occhi la fissano dalle pareti della stanza dei passi perduti, ricoperte di fotografie. Per lei, è impossibile dimenticare chi è svanito nel nulla.
Anche perché la poliziotta ha i segni del buio sulla propria pelle, come fiori rossi che hanno radici nella sua anima.
Forse per questo, Mila è la migliore in ciò che fa: dare la caccia a quelli che il mondo ha scordato.
Ma se d’improvviso gli scomparsi tornassero con intenzioni oscure?
Come una risacca, il buio restituisce prima gli oggetti di un’esistenza passata. E poi le persone. Sembrano identici a prima, ma il male li ha cambiati.
Alla domanda su chi li ha presi, se ne aggiungono altre. Dove sono stati tutto questo tempo? E perché sono tornati?
Mila capisce che per fermare l’armata delle ombre non servono gli indizi, non bastano le indagini. Deve dare all’oscurità una forma, deve attribuirle un senso, deve formulare un’ipotesi convincente, solida, razionale… Un’ipotesi del male.
Carrisi colpisce ancora con questo thriller mozzafiato, si legge con facilità ed è proprio difficile lasciarlo, è uno di quei libri che chi ama leggere la sera prima di dormire rischia di passare la notte in bianco. Forse manca qualche colpo di scena in meno rispetto al precedente libro, ma ti da sempre la consapevolezza che ogni particolare ha un suo perché e ritornerà con un significato. Qualche recensione negativa si trova su internet, ma il mondo è bello perché vario.
La stanza 13 dell’ obitorio di Stato era il girone dei dormienti.
Si trovava al quarto e ultimo livello del sotterraneo, nel gelido inferno delle sale frigorifere. Il piano era riservato ai cadaveri senza identità. Di rado qualcuno chiedeva di visitarlo.
Ma quella notte era in arrivo un ospite.
Il custode lo attendeva davanti all’ ascensore con il naso sollevato al soffitto. Osservava i numeri che apparivano uno alla volta sul quadro luminoso e scandivano la discesa della cabina, e intanto si domandava chi potesse essere l’ inatteso visitatore. Ma, soprattutto, s’ interrogava sul motivo per cui si era spinto fino a quel confine lontano dalle cose dei vivi.
Quando l’ ultimo numero luminoso si accese, ci fu un lungo attimo di silenzio, poi le porte della cabina si spalancarono. 11 custode osservò l’ ospite, un uomo oltre la quarantina che indossava un completo blu scuro. E subito – come accadeva sempre a chi metteva piede per la prima volta laggiù – vide dipingersi lo stupore sul suo volto quando capì di non avere di fronte un ambiente rivestito da piastrelle bianche, illuminato da asettici neon, bensì pareti di colore verde e punti luce arancione.