Il collezionista di ossa è un romanzo thriller scritto da Jeffery Deaver, pubblicato nel 1997, la prima indagine del criminologo Lincoln Rhyme e l’agente Amelia Sachs.
“La carne avvizzisce e può essere debole”, scriveva il criminale con la sua mano impietosa eppur ferma. “L’osso è l’aspetto più forte del corpo. Per quanto possiamo esser vecchi nella carne, siamo sempre giovani nelle ossa. Il mio è uno scopo nobile, e non riesco a concepire che qualcuno possa aver da dire. Ho fatto una gentilezza a tutti loro. Ora sono immortali. Li ho liberati. Li ho ridotti all’osso.”
Rhyme, criminologo forense divenuto tetraplegico in seguito a un incidente legato a un’indagine, viene incaricato di scovare il serial killer che rapisce persone appena arrivate a New York e si accanisce su di loro “riducendole all’osso”. Affiancato da Amelia, la poliziotta che sostituisce le sue braccia e le sue gambe inerti, Rhyme lavora per deduzioni logiche e capisce che l’assassino è convinto di essere il Collezionista di ossa, uno psicopatico degli inizi del secolo, la nuova incarnazione del “Collezionista” considera le ossa la parte più nobile del corpo, quella che non deperisce, quella immortale!
Un serial killer feroce, spietato e molto furbo e si diverte a lasciare sulla scena del crimine indizi criptici che, se decifrati in tempo, possono portare alla vittima successiva. Nella caccia all’uomo in lotta contro il tempo per salvare le vittime designate, Rhyme capisce che il killer in realtà vuole colpire proprio lui…
“L’essere umano è una creatura sbalorditiva, ma prima di ogni altra cosa è semplicemente questo: una creatura. Un animale capace di ridere, un animale pericoloso, astuto, spaventato, ma che agisce sempre per una ragione – un motivo che, sempre e comunque, lo farà muovere verso i propri desideri.”
Un thriller classico dal ritmo incalzante e ricco di colpi di scena, dove si trovano anche valori come l’amicizia, il rapporto tra il criminologo e l’agente è molto più particolare ed anche più approfondito rispetto al famoso adattamento cinematografico. Per qualcuno potrebbe risultare un po’ cruento in alcune parti, ma in fondo è un thriller. L’inizio è un po’ lento, poiché deve descrivere i personaggi, poi decolla e non ci si stacca più. La parte scientifica è ben trattata e soprattutto chiara. Il libro apre al tema delicato del suicidio assistito, la vita è un dono prezioso, ma merita di essere vissuta sempre e comunque? Io non so rispondere, credo che bisogna esserci in certe situazioni per capire. Quando guardi il film prima di aver letto il libro hai paura di esserti rovinato il piacere della lettura, in questo caso non è stato così, quindi lo consiglio anche a chi ha visto già il film.
“A volte… a volte le cose succedono, Sachs. A volte, semplicemente, non puoi essere ciò che dovresti essere, non puoi avere ciò che dovresti avere. E la vita cambia. Magari soltanto un po’, magari moltissimo. E, a un certo punto, semplicemente non vale più la pena di lottare per tentare di riparare ciò che è andato per il verso sbagliato.”
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Dalle 22,30 di venerdì alle 15,30 di sabatoVoleva soltanto dormire.
L’aereo era atterrato con due ore di ritardo e c’era stata un’attesa infinita per i bagagli. E poi l’autonoleggio aveva fatto casino: la limousine se n’era andata un’ora prima. E così, ora stavano aspettando un taxi.
Lei era in fila con gli altri passeggeri, il corpo snello piegato in avanti per il peso del computer portatile. John sproloquiava qualcosa sui tassi di interesse e su nuovi modi possibili di rinegoziare l’accordo, ma tutto ciò che lei riusciva a pensare era: Sono le dieci e mezzo di venerdì sera. Voglio mettermi in tuta e buttarmi sul letto.
Gli occhi fissi sulla fiumana senza fine di taxi gialli. Qualcosa, nel colore e nella somiglianza delle automobili tra loro, le ricordava gli insetti. E rabbrividì alla sensazione di fastidio che le tornò in mente, un ricordo della sua infanzia sulle montagne, quando lei e il fratello si imbattevano in un tasso sventrato da qualche animale o scalciavano un nido di formiche rosse e rimanevano a osservare attoniti la massa umida di corpi e zampette brulicanti.
T.J. Colfax avanzò stancamente quando il taxi accostò e si fermò accanto alla banchina di attesa con uno stridio di freni. Il tassista aprì il bagagliaio, ma rimase in macchina. Avrebbero dovuto caricarsi da soli le valigie, la qual cosa mandò John su tutte le furie. Era abituato ad avere gente che faceva le cose al suo posto. A Tammie Jean non importava: di tanto in tanto, riusciva ancora a sorprendersi di avere una segretaria che le batteva a macchina le lettere e le archiviava i documenti. Buttò la valigetta nel bagagliaio, chiuse il portello e salì in macchina.
John entrò dopo di lei, sbattè la porta e si tamponò la faccia rotondetta e la testa semicalva come se lo sforzo di infilare la sacca da viaggio nel bagagliaio gli avesse esaurito le forze.
Dal libro, nel 1999, è stato l’omonimo film diretto da Phillip Noyce ed interpretato da Denzel Washington e Angelina Jolie.