Si contenderanno la vittoria nella finale del Premio Strega 2025 i cinque finalisti decretati il 4 giugno, dai voti della giuria composta da 626 votanti su 700 aventi diritto, tra gli Amici della domenica, Istituti italiani di cultura, lettori forti selezionati da librerie associate, collettivi di biblioteche, università e circoli di lettura.
L’annuncio è stato dato dal Teatro Romano di Benevento, sede storica dell’azienda produttrice del celebre liquore che finanzia e dà il nome al premio. Una scelta che ha sostituito, anche per quest’anno, la tradizionale cornice di Casa Bellonci, a Roma, un tempo dimora di Goffredo e Maria Bellonci, fondatori del riconoscimento letterario. L’evento è stato trasmesso in diretta su Rai Play.
La proclamazione del vincitore avverrà il 3 luglio, nel consueto scenario del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, con diretta televisiva su Rai Tre.
La cinquina finalista del Premio Strega 2025
Andrea Bajani con “L’anniversario” (Feltrinelli, con 280 voti), proposto da Emanuele Trevi.
Nadia Terranova con “Quello che so di te” (Guanda, con 226 voti), proposto da Salvatore Silvano Nigro.
Elisabetta Rasy con “Perduto è questo mare” (Rizzoli, con 205 voti), proposto da Giorgio Ficara.
Paolo Nori con “Chiudo la porta e urlo” (Mondadori, con 180 voti), proposto da Giuseppe Antonelli.
Michele Ruol con “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” (TerraRossa, con 180 voti), proposto da Walter Veltroni.
I libri finalisti in dettaglio
Andrea Bajani con “L’anniversario” (Feltrinelli), proposto da Emanuele Trevi.
Si possono abbandonare il proprio padre e la propria madre? Si può sbattere la porta, scendere le scale e decidere che non li si vedrà più? Mettere in discussione l’origine, sfuggire alla sua stretta? Dopo dieci anni sottratti al logoramento di una violenza sottile e pervasiva tra le mura di casa, finalmente un figlio può voltarsi e narrare la sua disgraziata famiglia e il tabù di questa censura “con la forza brutale del romanzo”. E celebrare così un lacerante anniversario: senza accusare e senza salvare, con una voce “scandalosamente calma”, come scrive Emmanuel Carrère a rimarcarne la potenza implacabile. Il racconto che ne deriva è il ritratto struggente e lucidissimo di una donna a perdere, che ha rinunciato a tutto pur di essere qualcosa agli occhi del marito, mentre lui tiene lei e i figli dentro un regime in cui possesso e richiesta d’amore sono i lacci di un unico nodo. L’isolamento stagno a cui li costringe viene infranto a tratti dagli squilli di un apparecchio telefonico mal tollerato, da qualche sporadico compagno di scuola, da un’amica della madre che viene presto bandita. In questo microcosmo concentrazionario, a poco a poco si innesta nel figlio, e nei lettori, un desiderio insopprimibile di rinascita – essere sé stessi, vivere la propria vita, aprirsi agli altri senza il terrore delle ritorsioni. Con la certezza che, per mettersi in salvo, da lì niente può essere salvato. L’anniversario è prima di tutto un romanzo di liberazione, che scardina e smaschera il totalitarismo della famiglia. Ci ferisce con la sua onestà, ci disarma con il suo candore, ci mette a nudo con la sua verità. È lo schiaffo ricevuto appena nati: grazie a quel dolore respiriamo. Dieci anni fa, quel giorno, ho visto i miei genitori per l’ultima volta. Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita.
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Nadia Terranova con “Quello che so di te” (Guanda), proposto da Salvatore Silvano Nigro.
C’è una donna in questa storia che, di fronte alla figlia appena nata, ha una sola certezza: da ora non potrà mai più permettersi di impazzire. La follia nella sua famiglia non è solo un pensiero astratto ma ha un nome, e quel nome è Venera. Una bisnonna che ha sempre avuto un posto speciale nei suoi sogni. Ma chi era Venera? Qual è stato l’evento che l’ha portata a varcare la soglia del Mandalari, il manicomio di Messina, in un giorno di marzo? Per scoprirlo, è fondamentale interrogare la Mitologia Familiare, che però forse mente, forse sbaglia, trasfigura ogni episodio con dettagli inattendibili. Questa non è solo una storia di donne, ma anche di uomini. Di padri che hanno spalle larghe e braccia lunghe, buone per lanciare granate in guerra. Di padri che possono spaventarsi, fuggire, perdersi. Per raccontare le donne e gli uomini di questa famiglia, le loro cadute e il loro ostinato coraggio, non resta altro che accettare la sfida: non basta sognare il passato, bisogna andarselo a prendere. Ritornare a Messina, ritornare fra le mura dove Venera è stata internata e cercare un varco fra le memorie (o le bugie?) tramandate, fra l’invenzione e la realtà, fra i responsi della psichiatria e quelli dei racconti familiari. Nadia Terranova ci consegna con queste pagine il suo romanzo più personale e più intenso, che ci interroga sul potere della memoria, individuale e collettiva, e sulla nostra capacità di attraversarla per immaginare chi siamo.
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Elisabetta Rasy con “Perduto è questo mare” (Rizzoli), proposto da Giorgio Ficara.
Napoli, anni Cinquanta. Una città tanto piena di luce da sembrare quasi fatata. Ma anche devastata dalla guerra e dimenticata dalla storia. Da lì, all’improvviso, una ragazzina viene portata via, lasciando per sempre il padre nell’ombra di una casa elegante e fatiscente. Lei crede di dimenticarlo ma, molti decenni dopo, la morte di un amico e maestro amato, lo scrittore napoletano Raffaele La Capria, fa riemergere dal fondo della memoria l’immagine di lui. Della stessa generazione, i due uomini hanno avuto un diverso destino: l’uno realizzato nei suoi libri, l’altro murato nella sua solitudine. Eppure entrambi sono stati ammaliati e respinti da quella città di incanto e desolazione, entrambi scossi e feriti da intimi segreti. Così sullo sfondo dei loro desideri e tormenti comincia un viaggio nella terra straniera del passato, e si snoda la storia di quella ragazzina che cresce e si forma sotto il segno della diversità, in un’Italia poco accogliente per le donne che non si adeguano alle regole del gioco femminile. “Perduto è questo mare” è un romanzo profondo ed emozionante su un difficile affetto filiale e su un potente sentimento d’amicizia, un’immersione nel regno remoto dei padri, costellato di amori intensi, abbandoni, allegrie e malinconie, che rimanda a echi lontani: da Enea sceso negli Inferi per cercare Anchise, a Kafka con la sua lettera al genitore carica di risentimento. Un libro in cui esperienze e ricordi riaffiorano dolci ma taglienti, mentre Elisabetta Rasy si interroga: è possibile reinventarsi una paternità ideale, altrove? E ancora: nella memoria incontriamo davvero di nuovo le persone amate e scomparse? E i conti finalmente tornano?
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Paolo Nori con “Chiudo la porta e urlo” (Mondadori), proposto da Giuseppe Antonelli.
Raffaello Baldini è un poeta grandissimo eppure pochi sanno chi è, e di quei pochi pochissimi ne hanno riconosciuto la voce. Perché scrive nel bel dialetto di Sant’Arcangelo di Romagna? Ma no. Paolo Nori ci rammenta che è poeta enorme anche nel bell’italiano con cui il poeta ha sempre tradotto a pie’ di pagina i suoi versi. E quante storie si trascinano appresso quei versi, quante immagini suscitano, quanti personaggi, quanto universo c’è in quel mondo apparentemente piccolo. Come sua consuetudine, Paolo Nori attraversa l’avventura poetica di Baldini quasi come non ci fosse altro intorno, di sé facendo il filtro di una bellezza che viene su come da un fontanile e fa paura, perché ci lascia straniti. Ecco che – non diversamente da quanto è accaduto con Dostoevskji e Achmatova – l’immaginazione di Baldini si scioglie dentro quella di Nori, fatta com’è di caratteri e di accadimenti apparentemente minimi: i morti che “non dicono niente e sanno tutto”, gli uomini che invece di calarsi gli anni se li crescono, lo stare lì di una donna davanti alla circonvallazione per guardare “che passa il mondo”. Fra spinte e controspinte, fra il “cominciamo pure” e il “continuiamo pure” che ricorrono a battere il ritmo, impariamo che, sempre più, la scrittura di Nori è la messa a fuoco progressiva di un carattere, il suo: il suo essere “coglione”, il suo essere “bastiancontrario”, il suo essere “matto come un russo”, il suo essere innamorato di un poeta come Raffaello Baldini, il suo magone davanti alla casa dei Nori come fosse una scatola di bottoni, il suo stare a vedere la vita come va avanti a ogni svolto imprevisto dello stare al mondo.
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Michele Ruol con “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” (TerraRossa), proposto da Walter Veltroni.
Nella storia di Madre e di Padre ci sono degli avvenimenti che determinano un prima e un dopo. La nascita di Maggiore e poi quella di Minore, ad esempio, o l’incidente che li coinvolge, ma anche episodi apparentemente marginali dirottano le loro esistenze, come le nostre: delle mani che si sfiorano per caso e poi si trattengono appena più del dovuto, o l’apertura casuale di una chat altrui. In questo esordio luminoso e contundente, Michele Ruol ci conduce nell’intimità dei suoi personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti della casa in cui abitavano, riuscendo a farci continuamente ricredere sull’idea che ci siamo fatti su ciascuno di loro – e forse anche su quella che abbiamo di noi stessi. Vincitore 31ª edizione premio Giuseppe Berto. Vincitore 9ª edizione premio Fondazione Megamark.
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Potete incontrare i cinque finalisti seguendo le tappe dello Strega Tour
I cinque finalisti si confronteranno con il pubblico in un tour articolato in diciotto tappe. Come da tradizione, una di queste si svolgerà all’estero: l’appuntamento è fissato per il 17 giugno, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.
06 giugno 2025 – La città dei lettori, Firenze – ore 18.30
07 giugno 2025 – Parma – ore 19:00, Festival della lentezza
08 giugno 2025 – Modena – ore 17.30, Teatro San Carlo
09 giugno 2025 – Genova – ore 18.30, Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio
10 giugno 2025 – Verbania – ore 21.30, Centro Eventi Maggiore
11 giugno 2025 – Saint-Vincent – ore 18:00, Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto
12 giugno 2025 – Circolo dei lettori, Torino – ore 21:00
13 giugno – 2025 -Il fiume dei Libri, Lodi – ore 20:00
14 giugno 2025 – MarteS, Calvagese della Riviera – ore 20.45
15 giugno 2025 – Jesolo Libri, Jesolo – ore 21:00
17 giugno 2025 – Istituto italiano di cultura, Varsavia
18 giugno 2025 – ViaConvento, Quartu Sant’Elena – ore 21:00
19 giugno 2025 – Pompei – ore 19.30
20 giugno 2025 – Salerno Letteratura, Salerno – ore 19.30
21 giugno 2025 – Libreria Vecchie Segherie Mastrototaro, Bisceglie
22 giugno 2025 – SquiLibri Festival delle narrazioni, Francavilla al Mare – ore 22:00
23 giugno 2025 – I luoghi della scrittura, San Benedetto del Tronto –
ore 21.30
01 luglio 2025 – Velletri Libris, Velletri – ore 21:00
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