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SEI QUI: Home » Libro Caffè » Genere Libri » Narrativa » George Orwell – 1984 (Recensione)
Narrativa

George Orwell – 1984 (Recensione)

KettyDa Ketty25 Giugno 2019Aggiornato:4 Febbraio 2023Nessun commentoTempo di lettura: 11 min.
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1984 è uno romanzo di Eric Arthur Blair, meglio conosciuto come George Orwell, pubblicato nel 1949. Il titolo, che indica l’anno nel futuro in cui sono ambientate le vicende narrate, deriva dall’inversione delle due cifre finali dell’anno in cui Orwell inizia la stesura del romanzo, il 1948. E’ considerato come uno dei primi romanzi distopici, dove si descrive un’utopia negativa, un futuro pessimista.

“Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente.”

Dopo una guerra nucleare il mondo è diviso in tre grandi potenze totalitarie, Oceania, Eurasia ed Estasia in guerra tra loro, ufficilmente per contendersi il quarto territorrio, ma il vero scopo è quello del controllo totale sulla società.
La storia si svolge nell’Oceania, precisamente a Londra, governata da un partito unico di stampo socialista fondato sugli ideali del Socing (che è l’acronimo per Socialismo Inglese), con a capo il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto di persona, che appare però in manifesti affissi dappertutto rappresentato con i tratti che ricordano le fisionomie di Stalin e Hitler.
La propaganda è costante in ogni angolo della città con grandi manifesti che ritraggono il Grande Fratello, con la didascalia Il Grande Fratello ti guarda, e gli slogan del partito: “La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza”

“Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile che prima o poi succedesse, era nella logica stessa delle premesse su cui si basava il Partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell’esperienza, ma l’esistenza stessa della realtà esterna. Il senso comune costituiva l’eresia delle eresie. Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l’aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”

La vita della popolazione è costantemente spiata da telecamere, dette “teleschermi”, che sono presenti in ogni punto della città ed anche dentro ogni abitazione, assicurando un controllo totale sulla vita privata.
Il governo è diviso in enti: il Ministero dell’Amore (o Minluv), che si occupa della sicurezza interna e della conversione dei “dissidenti“, cioè chiunque abbia comportamenti devianti contro il regime. Il controllo avviene attraverso la polizia politica, la psicopolizia. Il capo dei dissidenti, Emmanuel Goldstein, è ritratto nei manifesti propagandistici con lineamenti ebraici e barbetta caprina, e diventa il catalizzatore della rabbia degli oceaniani; il Ministero della Pace (Minipax), che in realtà si occupa della guerra; il Ministero dell’Abbondanza (Miniplenty), che si occupa delle questioni economiche; il Ministero della Verità (Minitrue), che si occupa della propaganda di partito, secondo un revisionismo storico che porta a modificare libri, notizie e giornali del passato per sostenere le posizioni attuali del governo.

“Era curioso pensare che tutti, in Oceania come in Estasia, erano sotto il medesimo cielo. E anche le persone sotto il cielo erano più o meno le stesse in ogni luogo — ovunque, in tutto il mondo, centinaia o migliaia di milioni di persone come questa, che non sapevano nulla delle rispettive esistenze, separate com’erano da mura di odio e di menzogne”

La società è divisa in classi, i membri del Partito interno, che risiedono in moderni e confortevoli edifici avendo a disposizione persino della servitù, quelli del Partito esterno, che vivono in fatiscenti palazzoni alveare nella città nuova, e i Prolet, che vivono in tuguri nella città vecchia.
L’unica forma di pensiero ammissibile è il Bispensiero, la capacità di sostenere simultaneamente due opinioni in palese contraddizione tra loro e di accettarle entrambe come esatte: “la menzogna diventa verità e passa alla storia“, “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato“.
La lingua che si parla viene costantemente trasformata nella Neolingua, un nuovo linguaggio in cui sono ammessi solo termini con un significato preciso e privo di possibili sfumature diverse da quelle definite come vere dall’autorità, in modo che riducendone il significato ai concetti più elementari si renda impossibile concepire un pensiero critico individuale, il partito censura quindi l’utilizzo di molte parole sgradite come ad esempio “democrazia”, tutto quello censurato viene etichettato come “psicoreato“.

«È qualcosa di bello, la distruzione delle parole. Naturalmente, c’è una strage di verbi e aggettivi, ma non mancano centinaia e centinaia di nomi di cui si può fare tranquillamente a meno. E non mi riferisco solo ai sinonimi, sto parlando anche dei contrari. Che bisogno c’è di una parola che è solo l’opposto di un’altra? Ogni parola già contiene in se stessa il suo opposto. Prendiamo “buono”, per esempio. Se hai a disposizione una parola come “buono”, che bisogno c’è di avere anche “cattivo”? “Sbuono” andrà altrettanto bene, anzi meglio, perché, a differenza dell’altra, costituisce l’opposto esatto di “buono”. Ancora, se desideri un’accezione più forte di “buono”, che senso hanno tutte quelle varianti vaghe e inutili: “eccellente”, “splendido”, e via dicendo? “Plusbuono” rende perfettamente il senso, e così “arciplusbuono”, se ti serve qualcosa di più intenso. Naturalmente, noi facciamo già uso di queste forme, ma la versione definitiva della neolingua non ne contemplerà altre. Alla fine del processo tutti i significati connessi a parole come bontà e cattiveria saranno coperti da appena sei parole o, se ci pensi bene, da una parola sola. Non è una cosa meravigliosa?»
«Ovviamente» aggiunse come se gli fosse venuto in mente solo allora, «l’idea iniziale è stata del Grande Fratello.»

Il protagonista è Winston Smith, un uomo di 39 anni, funzionario del Partito Esterno che lavora al Ministero della Verità, dove ha il compito di modificare testi, libri e foto del passato alterando la verità e ricreandone un’altra più adatta e confacente ai desideri del Partito.
Winston apparentemente è un tipo docile e insignificante, in realtà mal sopporta i condizionamenti del regime e non riesce ad adeguare la propria mente al bispensiero, l’espressione della sua ribellione è un diario che inizia a scrivere il 4 aprile 1984, dove raccoglie i suoi pensieri e le sue riflessioni sulla società e su se stesso.
La sua vita cambia radicalmente quando un giorno, durante una manifestazione dei Due minuti d’odio diretti contro Emmanuel Goldstein, incontra Julia, una ventiseienne, che lavora anche lei al Ministero della verità, ma che si manifesta apertamente ostile nei confronti del governo.

“Davanti al dolore, continuò a pensare Winston mentre si contorceva sul pavimento, stringendo inutilmente il braccio sinistro ormai invalido, non ci sono eroi. No, davanti al dolore non ci sono eroi.”

1984 è un romanzo di denuncia, lo scopo dell’autore era quello di mettere in guardia i lettori sui pericoli dei totalitarismi. Orwell ci mostra una società basata sul controllo fisico e mentale della popolazione, dove anche i bambini vengono addestrati a spiare e denunciare i propri genitori, dove i mezzi di comunicazione vengono utilizzati per alterare la verità, dove l’odio regna sovrano e vengono organizzate manifestazioni apposite in cui le persone riversano tutte le loro emozioni negative nei confronti di un nemico unico a cui dare tutte le colpe e distogliendo l’attenzione da ciò che conta davvero.
Il riferimento al mondo reale è presente e le le affinità profetiche con avvenimenti attuali sono sconcertanti, uno degli aspetti più inquietanti è quello del potere occulto dei mass media, dove proprio il televisore diventa strumento di controllo e propaganada, e poi il bipensiero, l’inganno cosciente, spacciare deliberate menzogne e crederci, il nuovo linguaggio che si impadronisce dei mezzi di comunicazione e diventa sterile e indifferente schiacciando il pensiero critico.
Molti critici hanno concluso che 1984 non lascia alcuna speranza, ma credo che una speranza ci sia: la cultura e la letteratura, come testimonia il libro stesso, attraveso la scrittura e la lettura possiamo fare in modo che questo romanzo antiutopico non si avveri mai.

“Il libro lo affascinava o, per dir meglio, lo rassicurava. In un certo senso non gli raccontava nulla di nuovo, ma proprio questo costituiva parte della sua attrattiva. Diceva quelle cose che avrebbe scritto lui se fosse stato capace di riordinare i frammenti dei suoi pensieri. Era il prodotto di una mente simile alla sua, ma immensamente più poderosa, più sistematica, meno condizionata dalla paura. I libri migliori, pensò, sono quelli che vi dicono ciò che sapete già.”

La narrazione avviene in terza persona dal punto di vista di Winston Smith, ci si identifica facilmente con lui che sembra essere l’unica persona sana in un mondo folle.
La scrittura è scorrevole anche se è un libro difficile e duro come un pugno nello stomaco. Si viene catapultati in un mondo che inizialmente sempra lontano dalla realtà, ma piano piano che la lettura va avanti il paragone con la nostra società è sempre più forte e terrificante, nonostate siano passati quasi 70 anni dalla pubblicazione è sorprendentemente attuale. Un capolavoro illuminante che difficilmente si dimentica e che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero leggere.

PARTE PRIMA

I

Era una luminosa e fredda giornata d’aprile, e gli orologi battevano tredici colpi. Winston Smith, tentando di evitare le terribili raffiche di vento col mento affondato nel petto, scivolò in fretta dietro le porte di vetro degli Appartamenti Vittoria: non così in fretta, tuttavia, da impedire che una folata di polvere sabbiosa entrasse con lui.
L’ingresso emanava un lezzo di cavolo bollito e di vecchi e logori stoini. A una delle estremità era attaccato un manifesto a colori, troppo grande per poter essere messo all’interno. Vi era raffigurato solo un volto enorme, grande più di un metro, il volto di un uomo di circa quarantacinque anni, con folti baffi neri e lineamenti severi ma belli. Winston si diresse verso le scale. Tentare con l’ascensore, infatti, era inutile. Perfino nei giorni migliori funzionava raramente e al momento, in ossequio alla campagna economica in preparazione della Settimana dell’Odio, durante le ore diurne l’erogazione della corrente elettrica veniva interrotta. L’appartamento era al settimo piano e Winston, che aveva trentanove anni e un’ulcera varicosa alla caviglia destra, procedeva lentamente, fermandosi di tanto in tanto a riprendere fiato. Su ogni pianerottolo, di fronte al pozzo dell’ascensore, il manifesto con quel volto enorme guardava dalla parete. Era uno di quei ritratti fatti in modo che, quando vi muovete, gli occhi vi seguono. IL GRANDE FRATELLO VI GUARDA, diceva la scritta in basso.1
All’interno dell’appartamento una voce pastosa leggeva un elenco di cifre che avevano qualcosa a che fare con la produzione di ghisa grezza. La voce proveniva da una placca di metallo oblunga, simile a uno specchio oscurato, incastrata nella parete di destra. Winston girò un interruttore e la voce si abbassò notevolmente, anche se le parole si potevano ancora distinguere. Il volume dell’apparecchio (si chiamava teleschermo) poteva essere abbassato, ma non vi era modo di spegnerlo. Winston si avvicinò alla finestra: era una figura minuscola, fragile, la magrezza del corpo appena accentuata dalla tuta azzurra che costituiva l’uniforme del Partito. Aveva i capelli biondi, il colorito del volto naturalmente sanguigno, la pelle resa ruvida dal sapone grezzo, dalle lamette smussate e dal freddo dell’inverno appena trascorso.
Fuori il mondo appariva freddo, perfino attraverso i vetri chiusi della finestra. Giù in strada piccoli mulinelli di vento facevano roteare spirali di polvere e di carta straccia e, sebbene splendesse il sole e il cielo fosse di un azzurro vivo, sembrava che non vi fosse colore nelle cose, se si eccettuavano i manifesti incollati per ogni dove. Il volto dai baffi neri guardava fisso da ogni cantone. Ve ne era uno proprio sulla facciata della casa di fronte. IL GRANDE FRATELLO VI GUARDA, diceva la scritta, mentre gli occhi scuri guardavano in fondo a quelli di Winston. Più giù, a livello di strada, un altro manifesto, strappato a uno degli angoli, sbatteva al vento con ritmo irregolare, coprendo e scoprendo un’unica parola: SOCING. In lontananza un elicottero volava a bassa quota sui, tetti, si librava un istante come un moscone, poi sfrecciava via disegnando una curva. Era la pattuglia della polizia, che spiava nelle finestre della gente. Ma le pattuglie non avevano molta importanza. Solo la Psicopolizia contava.
Alle spalle di Winston, la voce proveniente dal teleschermo continuava a farfugliare qualcosa a proposito della ghisa grezza e della realizzazione più che completa del Nono Piano Triennale. Il teleschermo riceveva e trasmetteva contemporaneamente. Se Winston avesse emesso un suono anche appena appena più forte di un bisbiglio, il teleschermo lo avrebbe captato; inoltre, finché fosse rimasto nel campo visivo controllato dalla placca metallica, avrebbe potuto essere sia visto che sentito. Naturalmente, non era possibile sapere se e quando si era sotto osservazione. Con quale frequenza, o con quali sistemi, la Psicopolizia si inserisse sui cavi dei singoli apparecchi era oggetto di congettura. Si poteva persino presumere che osservasse tutti continuamente.

1984, G. Orwell – Audiolibro Integrale. Voce Narrante di E. Camponeschi per www.menestrandise.it

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