Un disegno di legge per cui serve il giubbotto antiproiettile-
C’è una notizia che sembra uscita dalla penna di uno sceneggiatore ubriaco, il ministro Lollobrigida, sì, proprio lui, quello che confonde l’agricoltura con la zoologia e la biologia con le barzellette, ha partorito un disegno di legge che, più che una norma è una minaccia contro l’ambiente, gli animali, i cittadini. Si tratta di una proposta che solleva questioni gravissime, sia dal punto di vista scientifico che da quello etico e costituzionale.
Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a provvedimenti palesemente in contrasto con il buon senso e con l’evidenza scientifica. Tuttavia, in questo caso, ci troviamo davanti a un provvedimento che può essere definito senza mezzi termini pericoloso.
Prima di entrare nel merito voglio precisare che sono contraria alla caccia, chi mangia carne come me contribuisce comunque a un sistema di sfruttamento degli animali. Si cerca comunque di limitare i danni per quanto possibile di acquistando prodotti provenienti da allevamenti più sostenibili, ma non è una giustificazione, solo consapevolezza. Questo per dire che non serve essere vegetariani per criticare questo disegno di legge, che presenta elementi allarmanti per tutti, al di là delle scelte alimentari personali.
Il testo inizia con un’affermazione che ha dell’incredibile: la caccia viene definita “strumento di tutela della biodiversità”. Avete letto bene. Non è satira, è gazzetta ufficiale. Secondo questa logica, potremmo dire che la guerra è un modo elegante per fare diplomazia, e che buttare benzina su un incendio aiuta a spegnerlo.
Una dichiarazione che non ha alcun fondamento scientifico. La caccia, in particolare quando è deregolamentata, non tutela la biodiversità, anzi, spesso interviene in modo arbitrario su ecosistemi complessi, rischiando di comprometterne gli equilibri e favorendo l’estinzione di specie vulnerabili.
Chi ha redatto questo testo ha consultato esperti? Quali biologi, quali ecologi ha coinvolto? O hanno fatto tutto a cena tra una fiorentina al sangue, un brindisi e rutto libero?
Credo che ogni scelta umana debba partire da una domanda antica quanto il mondo: a chi giova? E soprattutto: che traccia lascia nel cammino del vivente?
Il disegno di legge prevede un’estensione pressoché illimitata delle aree di caccia, la cancellazione di zone protette, e, cosa ancora più preoccupante, l’autorizzazione a cacciare anche di notte. Quest’ultima è una prassi già vietata nella maggior parte dei Paesi per motivi di sicurezza elementare.
Immaginate i rischi: persone che passeggiano nei boschi, famiglie che vivono in zone rurali, animali domestici lasciati liberi in giardino… Tutti potenzialmente esposti a pericoli concreti. Si potrà cacciare vicino ai centri abitati, sulle spiagge, nei pressi delle strade di collegamento tra i paesi. Questo non è solo insensato. È potenzialmente letale.
Ancora più inquietante è la possibilità, prevista dalla legge, di organizzare gare di caccia, anche in orario notturno, dove vince chi uccide più animali. Sì, avete letto bene. Come se uccidere fosse uno sport da praticare a colpi di fucile in una sfida a chi fa più vittime. Il tutto con l’uso di animali da richiamo, uccelli tenuti in gabbia in condizioni che ricordano vere e proprie forme di tortura, per attirare altri animali e poi abbatterli, quindi riducendoli a strumenti viventi, incarcerati per essere sfruttati in un gioco crudele.
Una visione in cui la foresta è un bersaglio, l’animale un nemico, il silenzio della notte un momento utile per sparare senza essere visti. Tutto questo, in nome di una cultura che ha smarrito il senso del limite, il valore della compassione, la percezione della bellezza come qualcosa che va lasciato intatto.
Questa non è una questione di destra o sinistra. È una questione di logica, di scienza e di civiltà. Qualunque cittadino dotato di buon senso dovrebbe preoccuparsi di un provvedimento che, in nome di un presunto diritto alla caccia, minaccia la biodiversità, la sicurezza delle persone, e legalizza pratiche che hanno più a che fare con il Medioevo che con una società moderna.
La storia ci insegna che la violenza verso gli animali è spesso l’anticamera della violenza verso l’uomo. Per questo è nostro dovere reagire. Indignarsi non basta. Bisogna alzarsi in piedi, parlare, protestare, scrivere. Il rischio è di svegliarci un giorno in un Paese in cui la natura non è più protetta, la sicurezza è un optional e la crudeltà diventa norma. Quindi, caro ministro, se proprio vuole giocare alla guerra, lo faccia con i soldatini di piombo. Ma lasci in pace la natura. E la nostra intelligenza.